Ventuno giorni di India

Fredda mattina romana, mi trovo a rimettere insieme i frammenti di queste tre settimane di India.

img_6667

La prima tappa, Mumbai o Bombay, ci accoglie tra i suoi milioni di clacson, lo smog infernale e un’umidità che ci lascia senza fiato, come se non bastasse già tutto il resto a toglierci il respiro. Ogni angolo di strada ha la sua piccola meraviglia nascosta: un sapore sconosciuto, un sorriso irresistibile, un piccolo altare ornato di fiori, un nome magico.

 

img_6614 Visitiamo lo slum di Dharavi, in cui vivono oltre 600.000 anime quasi tutte parecchio sorridenti. Se la necessità aguzza l’ingegno, Dharavi è un pozzo di scienza: nello slum si ricicla la plastica, si conciano le pelli, si fondono le lattine in lingotti di alluminio, il tutto tra vicoletti bui e non più larghi di un metro. Hindu, Musulmani, Jainisti e Cristiani convivono nel dedalo, i loro bambini corrono a piedi scalzi trai i rottami, felici, mentre i più grandi giocano con gli aquiloni.

C’è acqua quattro ore al giorno, mentre la corrente non manca quasi mai. C’è anche la banca e tutto il resto, non manca davvero nulla: “we have each and every facilty, everything is there” dice la nostra guida.

img_6631

Dopo due giorni di Mumbai, con i polmoni intasati di PM10, si decide di proseguire per Goa assieme a Stefan, austriaco conosciuto nel pessimo ostello dove siamo ospiti. Un autobus sgangherato e pieno di scarafaggi ci porta a Mapusa 14 ore dopo, da lì proseguiamo in rickshaw.

Il nord di Goa è come me l’aspettavo, come tutti i luoghi remoti colonizzati dall’uomo bianco di poca cultura: bar con musica pessima e cibo scadente, il tutto a prezzi elevati. Affittiamo uno scooter e ci perdiamo tra le vie di Panaji, visitiamo il mercato e un festival di musica e danza, respiriamo l’aria intrisa di umido e pesce. L’India è seducente, e a questa regola non ci sono eccezioni.

Il Sud di Goa si rivela ben più interessante: rimaniamo quattro giorni a Patnem, ospiti dell’unico indiano del villaggio ad avere avuto la brillante idea di accettare pagamenti elettronici: poche settimane prima di Natale, il governo ha messo al bando le banconote da 500 e 1000 rupie, come misura per stroncare la corruzione e l’evasione fiscale (i due sport nazionali, oltre al cricket), ma l’operazione ha avito come effetto collaterale la mancanza di contante in circolazione, i bancomat sono presi d’assalto e spesso le banconote sono esaurite.

img_6812Ci rilassiamo sulla palafitta che dà sul mare Arabico, facciamo Yoga la mattina o al tramonto, ci dedichiamo al silenzio e alla lettura: Hesse, Pasolini, Erri de Luca, e quando ci sentiamo cotti a puntino dal sole è già ora di ripartire, la strada chiama e non si può non ascoltare.

Arrivati all’aeroporto di Goa scopriamo che un aereo è uscito dalla pista, è tutto bloccato, 13 ore di ritardo. Nell’attesa esploriamo i dintorni, camminiamo sulla ferrovia come Kerouac  e ci facciamo inseguire da un toro mansueto. Andiamo al porto: qui i pescherecci si costruiscono ancora a mano, con il legno. Finalmente un aereo ci catapulta mille chilometri più a sud, a Cochin, finalmente in Kerala.

img_6964È notte ma si capisce subito che questo stato è molto più avanzato di tutti quelli che ho visitato fin’ora in India. Le immagini del Che e di Fidel decorano i rickshaw e le fermate dell’autobus. Sono comunisti qui. Facciamo appena in tempo a dormire qualche ora e a mangiare una colazione piccante prima di rimetterci su un treno che ci porta a Kalamkulam: siamo diretti ad Amritapuri, un ashram dalle dimensioni di una città, costruito intontorno alla casa di Amma, uno dei pochi guru donna dell’India.

img_6997

Bastano pochi minuti per capire che ci troviamo di fronte a qualcosa di completamente insolito, assolutamente contraddittorio e affascinante. Niente a che fare con altri ashram incontrati in precedenza: qui ci sono edifici di 15 piani, con migliaia di posti letto (calcoliamo che siano almeno 18.000!), si vendono Pepsi e souvenir e c’è un elefante incatenato a un albero. Dove siamo finiti?

img_6995

Un signora italiana che vive da “parecchi anni” nell’ashram ci conduce in un tour guidato: ha molti tic e un atteggiamento elusivo di fronte alle nostre domande. Si direbbe che non ha tutte le rotelle a posto, come molti altri residenti che incontriamo, ma ci sforziamo per mantenere un’attitudine aperta e non giudicante (con scarsi risultati). Amma sta tutto il giorno sul palco e abbraccia i fedeli giunti da tutto il mondo, un mega-schermo spara la sua immagine nell’immensa hall del darshan, la benedizione, mentre si cantano mantra Hindu e si vendono patatine fritte. Almeno l’alcool è vietato.

La sera mangiamo (gratis) insieme a mille indiani, usiamo solo le mani: il cibo è buono ed è bello essere lì con tutte queste persone, ognuna in cerca della propria strada. Ci sono moltissimi turisti, e faccio fatica a non pensare quanto siano fuori luogo le ragazze truccate e il chiasso incredibile che impedisce qualunque forma di raccoglimento e meditazione. Del resto l’India non sarebbe l’India senza tutte le sue contraddizioni…

img_7010

Esploriamo le backwaters, i canali che separano la penisola su cui è costruito Amritapuri dal continente, vediamo meduse giganti e case di villeggiatura, pescatori e gondolieri. Quello che potevamo prendere da questo luogo l’abbiamo preso e lo porteremo con noi: è ora di ripartire.

A Cochin troviamo Valentina che ci ha raggiunto da Delhi, a ospitarci John e Mary, indiani che hanno aperto la loro casa a Airbnb. Parlare con John è un piacere: lo bombardo di domande sui temi più disparati. È una persona molto informata, legge e ha passato una vita a lavorare negli uffici della dogana. Anche lui mi fa molte domande sull’Italia, sulla situazione economica e sulla religione. Le sue due figlie hanno frequentato una delle università fondate da Amma, la guru di Amritapuri. Mi racconta che si tratta di college di alta qualità, estremamente costosi (per iscriversi bisogna prima fare una donazione di almeno 60.000 dollari e poi pagare la retta!), ma che intorno alla figura di Amma e alla sua fondazione Amritapuri ci sono parecchie zone grige: sono noti i legami stretti con il partito Hindu di estrema destra BJP. Non solo: alcuni residenti dell’Ashram sono stati coinvolti in scandali riguardanti traffici di organi nell’ospedale dell’ashram, e una scrittrice australiana, Gail Tredwell,  nel libro Holy Hell, ha denunciato abusi sessuali all’interno di Amritapuri.

L’indomani, nella zona di Fort Cochi, dopo un breve giro turistico, troviamo un noleggio di moto con cui prendiamo accordi per il giorno successivo. La sera del 31 dicembre ci immergiamo in una folla di giovani (molti ubriachi) per vedere i miseri fuochi d’artificio nella zona delle famose reti da pesca cinesi. Poi andiamo a letto presto, esausti.

Il 2017 inizia con due moto cariche di bagagli e una meta, Munnar, sulle colline, a 160km da Cochin e 1600 metri di altitudine. Il viaggio è lungo per via del traffico. Finalmente, nel pomeriggio, arriviamo in una zona completamente ricoperta di piantagioni di té, e ci stabiliamo in una vecchia casa trasformata in guest house proprio in mezzo ad una di queste. Il posto è molto bello, fa freddo e si respira un’aria pulita e frizzante. Ci scaldiamo con il vino che ci vendono due viaggiatrici incontrate lì: in Kerala la regolamentazione sull’alcool è molto rigida, e quello è il nostro unico brindisi di buon anno.

img_7146

Per due giorni esploriamo con le moto i dintorni di Munnar, percorrendo le strade dissestate ed evitando diverse collisioni con gli autobus che viaggiano a tutta birra senza risparmiare sul clacson… Visitiamo una diga, e ci innamoriamo delle nostre moto che ci permettono di esplorare capillarmente ogni angolo, seguendo il nostro istinto e non il percorso stabilito dalla massa di turisti perlopiù indiani che affollano questa zona. Intorno a noi migliaia di ettari di coltivazioni di tè, quasi tutti di proprietà del gigante indiano Tata.

Terzo giorno: è mattina presto e fa freddo, ma non c’è nessuno per strada. Saliamo in sella e, forse poco prudentemente, ci precipitiamo giù per le colline per tornare verso la costa: abbiamo 200 km da fare, e in India ci può volere una giornata, meglio darsi una mossa.

img_7150

Alle tre di pomeriggio siamo vicino ad Aleppey: sarà la nostra ultima tappa per questo viaggio. All’arrivo sono ricoperto dalla polvere e dalla sporcizia della strada, cotto dal sole e con le articolazioni allentate dalle vibrazioni della mia Bullet 500 monocilindrica.

È alta stagione e non è facile trovare un alloggio per la notte, percorriamo la strada costiera avanti e indietro alla ricerca di una soluzione non troppo cara. Alla fine troviamo una stanza in un homestay, una casa con stanze in affitto.

Dapprima, i due padroni di casa, Grita e Jimmy, sembrano diffidenti, ma di lì a poco abbiamo già legato e ci sentiamo a casa. Non sappiamo che tra poche ore mangeremo la più squisita cena del viaggio, sapientemente cucinata da Grita, a base di pesce, latte di cocco, riso e zenzero. Una vera delizia, così come deliziose saranno le successive colazioni e la cena del giorno seguente.

Nei due giorni successivi non vado al mare, ma mi dedico all’esplorazione di Aleppey, faccio un po’ di acquisti e salgo sul faro, dove la vista sul mare Arabico mi commuove: il viaggio sta per finire e sento il bisogno di rimettere insieme le idee.

img_7192Mi fermo oltre un’ora sulla terrazza osservando il panorama: tutto intorno milioni di palme e gli immancabili clacson delle auto. In un piazzale polveroso dei giovani stanno facendo un esame di guida, più in là un treno viaggia lentamente, nessuno ha davvero fretta qui. C’è un piacevole venticello e mi fermo a scrivere sul mio quaderno. La lentezza Indiana mi contagia.

img_7182

Il giorno della partenza salutiamo Grita e le sue leccornie, la nostra casa costruita sulla sabbia e il canto bizzarro di mille uccelli tropicali. Si torna a Cochin, ancora una volta ospiti da John. Il viaggio è l’occasione per salutare il paesaggio pieno di palme e canali, ce lo godiamo guidando piano con le moto che scoppiettano come piccoli trattori.

img_7237

La mattina seguente, molto presto, Giuliano e Valentina partono per Mumbai in aereo, io li seguo a distanza di ore, ore che impiego a imballare il ricco bottino accumulato in viaggio.

img_7269

Ci separano molte ore da Roma, di cui dieci nell’orrendo aeroporto di Jeddah, dove per caso incontriamo dei ragazzi spagnoli conosciuti a casa di Grita, e conosciamo Vittoria, Federica e Jacopo, che tornano da un viaggio in Thailandia. Le lunghe ore buttati a terra in aeroporto passano lente tra racconti di viaggio e voglia di casa…

Dopo molte ore arriviamo finalmente a Roma, all’aeroporto ci aspetta Federica. Festeggiamo la fine del viaggio con un pranzetto da Necci: amatriciana e barbera d’Alba. Nessuno sente la mancanza del coriandolo o del cardamomo…

Mentre andiamo verso la stazione in macchina, ogni tanto mi giro a guardare le facce di Valentina e Giuliano. Siamo stanchi, puzzolenti e molto soddisfatti. Ora si tratta di fare tesoro di tutto quello che abbiamo visto e sentito, inizia un altro viaggio.

img_7278