Cafayate, Puma e altre stramberìe.

Tilcara, Jujuy, Argentina.

Da quando abbiamo lasciato Tucuman abbiamo visitato dei luoghi incredibili. Primo fra tutti Cafayate (vedi mappa tra i link). Un paesuzzo iperturistico, ma molto, molto molto cariiiiiiiiiiiino. Nelle vicinanze di Cafayate si trova la Quebrada de las Conchas (che si traduce più o meno con: “la valle delle conchiglie”). Ci sono diverse perle geo-morfologiche, montagne colorate grazie alla presenza di stratificazioni di diversi ossidi (ferro, rame, zolfo e non so che altro) e piante assurde.

Oltre alle migliaia di cactus, di cui alcuni giaganteschi dal nome “Cardones”, ci sono degli arbusti spinosi che, non avendo quasi mai foglie,  compiono la fotosintesi nel tronco, che per questo è di un colore verde acceso. Nel deserto ad alta quota il sole rende questo verde un’esperienza lisergica per un permacultore.

Cafayate si difende molto bene anche per quanto riguarda i vini e la gastronomia. In particolare si coltivano vitigni cabernet-sauvignon, malbec e torrontés. L’altura riveste un’importanza fondamentale nella presenza di zucchero (e quindi di alcool) nelle uve. Per la precisione vengono mescolate uve della stessa varietà, provenienti da alture diverse per ottenere un vino di vera qualità.

A rendere il tutto ancora più incredibile, conosciamo un inglese fuori di testa. È l’incarnazione stessa del backpacker estremo, di colui che è in cerca di forti emozioni, e il più alternative possibili. Luke infatti ha lavorato volontariamente in una sorta di ospizio per felini amazzonici. La sua mansione consisteva nel portare a spasso un puma. Questo è quanto mi ha detto. Mi ha anche mostrato una puntura sulla gamba che probabilmente contiene delle larve che si schiuderanno tra alcuni giorni.  “It’s alright mate!” ha commentato.

Cafayate è indubbiamente un luogo da vedere.

Dopo Cafayate andiamo a Salta. Per quanto mi riguarda nulla da commentare.

La seguente tappa: Purmamarca, conosciuta per il Cerro de los Siette Colores (“monte dai sette colori”). Un fenomeno analogo a quello di Cafayate (la storia degli ossidi eccetera). La vera attrazione è il paesino in sè, molto pittoresco, costruito in gran parte in adobe (mattoni di argilla, paglia e arena) e con mille venditori di prodotti artigianali della zona.

Oggi arriviamo qui, a Tilcara, e nel pomeriggio visitiamo un insediamento precolombiano e un’orto botanico. Ovviamente il secondo mi risulta molto più interessante del primo.
Da quando abbiamo lasciato Cordoba la fisionomia delle persone si è fatta gradualmente sempre più vicina a quella dei peruviani e delle popolazioni indigene. L’altitudine aumenta all’avicinarsi del confine con la Bolivia. La vegetazione cambia. I cactus dominano da almeno 500km.

Vi lascio con qualche foto.