Lago Titikaka e poi Perù.

Cari e affezionati amici,
due righe per aggiornarvi al volo.

Isla de la Luna

Lasciata La Paz, la capitale più alta del mondo, ci siamo diretti al lago Titikaka, il lago sacro della mitologia Inca, dove tutto si sarebbe originato, nonché il lago navigabile più alto del mondo. Il paesaggio è decisamente suggestivo. Le due grandi isole sacre, l’Isola del Sole e quella della Luna, sono interamente terrazzate, come tutte le montagne che circondano il lago, retaggio dell’antico impero che aveva reso questa zona una produttiva area agricola d’altura.

Trascorsa la prima notte a Copacabana, località turistica con ostelli ridicolmente economici (meno di due euro a notte), ci siamo traslati sull’Isola del Sole, dove abbiamo trascorso due giorni tra contemplazione e camminate sotto il sole.

Lasciamo l’Isola una domenica mattina su di un barchino ispirato a quelli che approdano a Lampedusa, solo più carico e più lento. Ad ogni onda mi domando se quel guscio di noce non imbarcherà una tonnellata di acqua gelida (e sacra) affondando e ponendo tragicamente fine all’esistenza dei pochi gringhi e dei molti locali che sono a bordo. Ad alleviare la mia sofferenza, ci si mette anche una piogerellina stronzissima che mi bagna gli unici vestiti puliti che mi sono rimasti, al che maledico il Lago, gli Inca e tutta la fottuta cosmogonia locale.

Gli sbarchi clandestini

Per fortuna arriviamo indenni al porto, e con un bus di ottimo livello raggiungiamo il vicino Perù. A Puno un tizio tenta di fregarci diversi soles (la moneta peruviana) pre-vendendoci il viaggio fino ad Arequipa, la nostra tappa intermedia prima di Lima. Mangio la foglia e mi faccio restituire il maltolto. Purtroppo però il lestofante riesce a rifilarci due biglietti su di un autobus ispirato a quelli che portano i clandestini da Lampedusa ai CPT.

Arriviamo finalmente ad Arequipa nel cuore della notte, distrutti ma felici di aver lasciato la Bolivia.
Da giorni, infatti, aspettavo impaziente il momento di usare questo blog per inveire contro questa nazione. Mi spiace dirlo, ma è il luogo più triste e disgustosamente sudicio che abbia visitato in vita mia. Inoltre la cucina è la peggiore che abbia provato, e il suo popolo assolutamente inospitale.

Anticuchos de corazon

L’indomani mattina, il Perù inizia a deliziarci con le sue mille leccornie, che fino ad ora non ci abbandonano. Le giornate iniziano con succhi di frutta deliziosi nel mercato, e seguono con le più diversificate pietanze. Ci concediamo due chicce: una cena nel ristorante di Gaston Acurio, grande chef peruviano, che ci lascia senza parole, e un Chupe de Camarones (zuppa di gamberoni) che mi fa rivalutare la classifica
gastronomica mondiale.

Chupe de camarones

Dopo due giorni passati a mangiare e comprare prodotti artigianali, finalmente prendiamo un bus che ci porta a Lima, dove ci accoglie Marta, la mamma di Liz. Da lì in poi è un susseguirsi di cibo cibo e cibo che culmina nel Cebice (un piatto di pesce e frutti di mare crudi con cipolla e peperoncino) del pranzo di Natale.